Superati molti problemi tecnici, rafforzata la base atletica, risolta quella tattica, il fattore mentale in entrambi gli sport è diventato sempre più importante

di Vincenzo Martucci

Tennis e golf vanno da sempre a braccetto, legati dal movimento, dal rapporto occhio/corpo-palla, dai tanti soldi in ballo, dall’eleganza del gesto, dalla sofisticatezza degli attrezzi, dalla storia molto antica, dal termine dell’immortalità, il Grande Slam. Solo quest’anno, però, il tennis si sta accodando al golf per una caratteristica particolare: fino a metà aprile ci sono stati 21 vincitori diversi in 22 tornei dell’ATP Tour, cioè sul circuito pro maschile (dove soltanto Roger Federer è riuscito a concedere il bis, aggiudicandosi Dubai e Miami), ed addirittura 18 su 18 sul WTA Tour, cioè nei tornei femminili. Una circostanza inedita. Il motivo? Probabilmente l’ineluttabile e umanissima frenata dei “Fab Four” (Roger Federer, Rafael Nadal, Novak Djokovic e Andy Murray) e anche dei pochi che hanno preso le briciole che rimanevano a livello di maggiori tornei, e cioè Juan Martín Del Potro, Stanislas Wawrinka e Marin Cilic. Forse anche gli aiuti economici e quindi la naturale rivalità interna degli Under 21, attraverso il nuovo canale voluto dall’Atp proprio per preparare meglio il futuro senza le famose star, con tanto di classifica e di finali Next Gen per i migliori talenti giovani. Forse l’estremo e sempre più esasperato perfezionamento di analisi, attrezzi, superfici, allenamento di uno sport davvero mondiale. Proprio alla rincorsa del capostipite golf, da sempre all’avanguardia anche nello sfruttamento dell’immagine, dei protagonisti e degli eventi stessi.

Il vantaggio degli anni

Superati molti problemi tecnici, rafforzata la base atletica, risolta quella tattica, il fattore mentale è diventato sempre più importante. Prima nel golf e anche nel tennis. Federer, ancora competitivo al massimo livello a 37 anni suonati, fa sensazione, pur dovendo fare i conti con qualche inevitabile giornata-no determinata dall’età e dai sempre più delicati, lunghi e imprevedibili tempi di recupero. Ma il fattore “esperienza”, legato sia alla gestione dei momenti topici della partita sia alla gestione complessiva dell’attività, diventa un vantaggio fondamentale di atleti che allungano sempre più la carriera. Seguendo ancora l’esempio del golf, dove il quasi 49enne Mickelson e il 43enne Tiger Woods hanno ripreso a vincere con regolarità. A confermare, fatte le debite proporzioni di dinamicità col tennis, che il limite dell’età agonistica a livello più alto si è spostato ancora più in là, fino ai 55 anni, con la possibilità di un’attività silente che si riaccende all’improvviso anche dopo molti anni. Come ha dimostrato clamorosamente il Masters con il Fenomeno, capace di portare a 15 trofei la collezione dei Major dopo un letargo di addirittura undici anni, cominciato all’US Open 2008. E come vediamo continuamente, settimana dopo settimana, da parte di molti altri protagonisti. Che rifanno all’improvviso capolino.

Alternanza di vincitori

Proprio il fattore mentale, nei due sport “gemelli”, determina l’estrema difficoltà di mantenere la condizione ideale nell’arco di 7 o 14 giornate nel tennis o per quattro di fila nel golf. Anche per le estreme variabilità del campo e delle condizioni esterne, comuni ai due sport. Per cui, sul green, non fa scalpore, da sempre, l’enorme alternanza di vincitori. Ma, su questo tema, il tennis sembra aver effettuato addirittura il sorpasso. Infatti, sempre fino a metà aprile, in 17 tappe dell’European Tour, soltanto Kitayama ha concesso il bis, firmando il 2 dicembre il torneo alle Mauritius e il 3 marzo in Oman. In 25 tornei del PGA Tour, solamente in due hanno concesso repliche: Schauffele, che si è imposto il 28 ottobre al WGC in Cina e si è ripetuto il 6 gennaio alle Hawaii, e Kuchar, che ha vinto l’11 novembre in Messico e ancora il 13 gennaio alle Hawaii. Gli altri sono stati tutti campioni di un singolo evento. Passando alle donne, cioè all’LPGA, troviamo una situazione molto diversa rispetto al panorama del tennis femminile che in tre mesi e mezzo non ha visto alcuna giocatrice capace di ripetersi. Anche se nel golf ci sono stati appena otto tornei, la coreana Ko Jin-young ha conquistato il titolo il 24 marzo in Arizona e il 7 aprile nell’Ana Inspiration in California. Garantendosi così il primo posto nel Ranking mondiale.

Così, la stagione scorsa

Un paragone con l’anno scorso? Fino al 25 febbraio, sul PGA Tour, c’erano stati solo vincitori unici, quando Justin Thomas ha fatto il bis all’Honda Classic in Florida, seguito da Bubba Watson, Jason Day, Justin Rose, Dustin Johnson, con ben cinque capaci di replicarsi già a giugno. Cui si sono aggiunti Dechambeau, Koepka e il nostro Francesco Molinari. Sull’European Tour, al 4 febbraio, Shubhankar Sharma è già arrivato a quota due successi, con Pepperell che l’ha imitato il 14 ottobre (ovviamente i successi di prima categoria di Koepka e Molinari valgono sui due circuiti). Sull’LPGA, Park Sung-hyun e Atiya Jutanugarn sono state le uniche non solo a fare i bis, ma a concedere anche il tris, a testimonianza dei nervi d’acciaio delle golfiste asiatiche.

Da “Il Mondo del Golf Today” n° 301 – maggio 2019

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