I broccoli del Duca

Il Duca di Windsor conosceva tutti i campi italiani, dal Milano a quello di Rapallo, agli Alberoni di Venezia; ma gli piaceva il clima dell’Acquasanta. Aveva abdicato al trono d’Inghilterra nel 1936 per rimanere accanto alla donna che amava, la divorziata americana Wallis Simpson. Buon giocatore, era stato capitano della nazionale inglese di golf, aveva uno swing elegante, pulito. Ricorda Luciano: «Un giorno mi mettono al suo seguito; avevo 13 anni, ero emozionato pur essendo cresciuto in un Circolo che di nobili ne ospitava decine. Ma un re, pur mancato, era sempre un re. E poi era un bravo giocatore. Quando arriviamo alla 5 – a destra i campi di ortaggi della campagna romana, oggi ancora un par 3 di 180 metri hcp 13 – ormai valutata la forza del giocatore, gli suggerisco un legno 4 che lui accetta con piacere. Mentre fa qualche swing di prova, dò in dialetto all’interprete i miei suggerimenti: “Iè dica ar Re che a destra der grin ce so’ i brocoli e anche er fori limite…”. Il duca fu informato, arrivò col primo in green, sorrise divertito e dandomi un colpetto sulla spalla commentò: “You are a nice boy”, “Sei un bravo figliolo”».

Contrastare i furbetti

Si può impegnare un’intera vita nella guerra contro le miserie umane e questo lo fanno soltanto gli eroi. In campo si possono umiliare i furbastri e questo lo sanno fare bene soltanto i caddie. Come capitò a Luciano quando venne assegnato al colonnello dalla discussa onestà, impegnato in un testa a testa su nove buche contro una principessa agée, simpatica e sempre sorridente, molto cara ai ragazzi, in palio una pallina. Il colonnello era un cleptomane seriale: quando d’inverno stabiliva che non si poteva piazzare e lui finiva in rough, senza farsi vedere metteva la pallina su un ciuffo e col secondo faceva sempre un pallonetto magico. Quel giorno d’estate i due arrivano al par 4 della 8 e lui è one up. Faceva caldo e il colonnello aveva i bermuda. Con il terzo colpo volò sopra il green e finì in un rough alto e folto; lei era in green col quarto. Ricorda il nostro eroe: «Cercammo la pallina del colonnello, calpestammo tutta l’area ma della palla nessuna traccia. Io lo tenevo d’occhio perché conoscevo il vizietto: si era infilato una pallina tra coscia e pantaloni, costretto a stare immobile, le gambe seminude a X, fermo perché non gli toglievo gli occhi di dosso. Poi allentò la presa e lasciò cadere la palla ai suoi piedi. La principessa segnalò che la pallina dell’avversario non era quella della partenza, cominciò un feroce battibecco ma fecero 6 e 6, buca pari. Poteva finire così? Cercai lo sguardo complice del caddie della gentildonna e sul tee della 9, par 4 con forte avvallamento nel fairway, indossai le ali dell’angelo vendicatore. Lei la mise ingiocabile, lui spaccò il fairway a metà, ma in un attimo cambiai le sorti: nascosi quella del colonnello tra le foglie di un cardo grande e duro, nel rough; e portai al centro su un ciuffo d’erba quella della signora. Quando comparvero gridai: “Colonnello, palla ingiocabile!”, per evitare che facesse ancora il furbo evitando la penalità. La principessa pareggiò; anzi, è il caso di dire che io e la principessa mia avversaria pareggiammo». Da grande lo aspetteranno risultati più nobili, come quello del 1971 alle Betulle di Biella, dove “il bravo Lucianino” fu primo – grazie al “letale wedge e al putter infallibile”, come scrisse Piero Mancinelli – nel decimo Open Lancia d’Oro (278, tre milioni di lire), davanti a Ettore Della Torre, avversario durissimo come il sudafricano Dale Hayes. Sarà per quattro volte secondo all’Omnium nazionale, vince un Open di Bergamo e uno di Biella, gioca due volte all’Open Championship, a Hoylake e a St. Andrews, secondo all’Open di Valescure in Francia e totalizza altri dignitosi piazzamenti. Avrebbe colto vittorie sportive e mondane, come il successo biennale a St. Moritz nella gara per pro “9 buche-ferro 4”, promossa dalla signora Lounsberry, vedova di un magnate inglese che amava scendere in campo soltanto con quel ferro. Nell’agosto del 1973 guidò il team del Milano (Nicolò Brandli, Francesca Pessina, Carlo Lazzati) che vinse la William Schweitzer Cup, una Pro-Am di calendario sul campo di Samaden, in occasione della Engadine Pro-Am Gold Cup Week. L’ex caddie coraggioso e determinato era diventato un brillante professionista come tutti i padri e i nonni migliori che avevano fatto i portabastoni all’Acquasanta.

Fine

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