ST LOUIS, MO - AUGUST 09: Francesco Molinari of Italy waits to play his tee shot on the 17th hole during the first round of the 100th PGA Championship at the Bellerive Country Club on August 9, 2018 in St Louis, Missouri. (Photo by David Cannon/Getty Images)

Riflessioni a margine di un arduo ma grandioso US Open, e sul perché un altro Major mancato non sarebbe la fine del mondo. Almeno, per me

Il 114mo US Open è stato molto diverso dai precedenti. La scelta fatta a Pinehurst No. 2 da Mike Davis e dal suo staff di modificare il set up, rinunciando a puntare tutto su un rough mostruoso, fairway affilati e green veloci come proiettili, è stata, secondo me, molto saggia. L’US Open è sempre spietatamente difficile. Ti consuma, mette alla prova la tua pazienza. È una gara pensata proprio per questo. Ma Pinehurst è stato leggermente diverso, perché aveva una specie di extra dimensione. Il percorso era comunque incredibilmente difficile – e infatti solo Martin Kaymer, Erik Compton e Rickie Fowler sono scesi sotto par – ma ho trovato molto innovativo giocare su un campo in cui non eri obbligato a tagliare la palla lateralmente fuori dall’erba alta se mancavi un fairway di qualche centimetro.

Quest’anno, dovevi pensare al tuo giro tenendo conto delle diverse opzioni di gioco che ogni buca proponeva. Pinehurst ha davvero consentito un certo numero di opportunità di birdie e, come nessun altro US Open che ho giocato, è stato anche divertente. Martin Kaymer, con 16 birdie e un eagle, è stato incredibile! Non succede spesso che i giocatori abbiano questa opportunità durante il secondo Major dell’anno. Speriamo che Mike Davis continui a dimostrare questo approccio così saggio al Championship dell’anno prossimo a Chambers Bay (di cui ho visto qualche foto fantastica). Per quanto riguarda la mia performance, ho giocato abbastanza regolarmente finendo 17mo, come ho fatto ad Augusta in aprile, quando ho concluso al 20mo posto.

Ma un altro Major è scivolato via e io so benissimo che gli anni passano e le opportunità sfuggono. Non bisogna avere una laurea in matematica per capire che Rory a 25 anni, Kaymer a 29 o addirittura Matthew Fitzpatrick a 19 avranno moltissime più opportunità di vincere Major di me che ne ho 38! Fitzpatrick ha vissuto una settimana che non dimenticherà mai; è davvero impressionante. Sta dimostrando quanto velocemente maturino i giovani al giorno d’oggi. Io vendevo ancora barrette di cioccolato in un negozio di Leighton Buzzard (una cittadina inglese) quando avevo la sua età; lui invece è sembrato a suo agio esattamente come i campioni Major più esperti che giocavano con lui. Dopo un giro di pratica con Rory McIlroy, Fitzpatrick ha girato i primi due giorni con Phil Mickelson e Justin Rose; prima di finire in grande stile con un 69 la domenica giocando con il campione Open 2010, Louis Oosthuizen.

Il tempo passa e la mia finestra per vincere un Major si sta lentamente chiudendo, lo so, ma credo che la gente metta troppa enfasi sui quattro più grandi eventi dell’anno. Le nostre carriere sono giudicate quasi interamente in base alle nostre performance al Masters, all’US Open, all’Open Championship e all’US PGA. Che sia giusto o sbagliato è questione dibattuta, ma è il motivo per cui tutti i top player del mondo pianificano i loro calendari in base a quelle 18 settimane. Non penso che tutti capiscano quanto sia difficile vincere un Major. O quanti grandi giocatori ci siano in grado di vincerne uno. Io ho ancora le mie chance e in fondo credo di esserci vicino. Mi sono ritrovato in una buona posizione in un paio di Open negli ultimi cinque anni e ho condotto la classifica ad Augusta. Quindi ci sto arrivando; solo che fino ad adesso non sono ancora riuscito a sfondare! Quello che ha fatto Justin Rose, vincendo a Merion l’anno scorso, è stato di enorme ispirazione per me. È uno dei miei più grandi amici e conosco bene il suo gioco; quello che ha fatto mi ha spinto a praticare ancora più tenacemente. Justin sa che quello che ha ottenuto a Merion è stato più che speciale. E credo di sapere anch’io cosa fare, per essere in grado di raggiungere lo stesso livello.

Detto questo, anche se continuo a non vincere un Major, la mia carriera è comunque meravigliosa. Sono molto orgoglioso di quello che ho ottenuto. Se smettessi oggi sarei un uomo felice. Naturalmente voglio uno di quei Big Four tra i miei trofei, ma se non arriverà non ci perderò il sonno! Sono orgoglioso della mia etica del lavoro e non ho rimorsi. Sarò sempre, nella mia vecchiaia, orgoglioso di quello che ho ottenuto; e penso che la mia famiglia, mia madre e mio padre, lo saranno allo stesso modo.

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