ST LOUIS, MO - AUGUST 09: Francesco Molinari of Italy waits to play his tee shot on the 17th hole during the first round of the 100th PGA Championship at the Bellerive Country Club on August 9, 2018 in St Louis, Missouri. (Photo by David Cannon/Getty Images)

Il dado è tratto: l’Italia è candidata a ospitare il torneo del 2022. Una sfida fantasticamente folle, che ha bisogno dello sforzo di tutti i connazionali

Ryder Cup: quale miglior argomento per iniziare una nuova collaborazione? Ormai è ufficiale: la Federgolf ha confermato la volontà di presentare l’offerta impegnativa per ospitare la sfida di Ryder Cup nell’anno 2022. I nostri avversari per l’aggiudicazione saranno Germania, Spagna, Portogallo, Turchia e Austria. La Danimarca si è recentemente defilata dalla competizione; la Turchia, invece, dopo aver annunciato il ritiro per problemi ambientali (troppi alberi da tagliare per far posto al campo), al momento conferma e rilancia. Inutile dire che la candidatura tedesca ha dalla sua una grande forza organizzativa e solidità economica; ma dal punto di vista del fascino di contorno all’evento – che potrebbe attirare moltissimi turisti stranieri – l’Italia e Roma sono ineguagliabili per chiunque in Europa. Articolare una candidatura di successo ad ospitare un grande evento internazionale significa saper pensare in grande, sfuggire alle abituali logiche locali e moltiplicare di molto le proporzioni del nostro pur magnifico Open d’Italia. Bisogna porsi nell’ottica di un confronto con il meglio delle forze organizzative messe in campo dagli altri Paesi, con lo scopo di convincere quattro manager britannici, a cui soli spetta la scelta per conto di RCE (Ryder Cup Europe), la società che detiene il logo e tutti i diritti di sfruttamento delle edizioni europee della Ryder Cup.

In questo senso, la missione “segreta” a Parigi del Segretario generale e di un consigliere federale è stata davvero utile. La Francia si è aggiudicata l’edizione 2018 partendo dal nulla o, meglio, dall’entusiasmo di due persone, che ha poi contagiato un’intera comunità golfistica: la formazione dell’offerta è un esercizio estremamente creativo, oltre che dannatamente serio e impegnativo. Per convincere quei signori occorre rispondere a tutto ciò che chiede RCE, e aggiungere originalità. Le caratteristiche del percorso sono fondamentali, ma occorre guardare oltre lo stato attuale: addirittura, in Paesi amministrativamente e urbanisticamente più facili (diciamo così) del nostro, si immagina di costruire un percorso ad hoc, come al Celtic Manor in Galles. Da noi, meglio puntare su qualcosa che già esiste: e un evento così, assegnato sette anni prima come le Olimpiadi, giustifica radicali lavori di modifica. Fra i tre percorsi romani che potevano aspirare a ricevere l’evento – Olgiata, Parco di Roma e Marco Simone – il Consiglio Federale ha scelto l’impianto di proprietà della famiglia Biagiotti. La possibilità di espansione e migliorie al percorso, la grande disponibilità di spazi, l’ottima rete di trasporti per raggiungere il sito hanno influito molto sulla scelta: e infatti, al termine dei sopralluoghi, l’architetto Slessor, perito dell’advisor IMG, ha concluso che, visti tutti i punti di forza e le inevitabili debolezze di ognuno dei percorsi, “The only realistic venue is Marco Simone”.

Oltre agli aspetti meramente tecnici e logistici (indispensabili ma non sufficienti), il complesso del Marco Simone ha anche l’importante caratteristica di essere di proprietà della famiglia Biagiotti, grande firma della nostra moda conosciuta nel mondo, a cui non è sfuggita l’importanza di un abbinamento con un evento di livello planetario. I numeri coinvolti sono davvero impressionanti: IMG, nella presentazione, riporta 500 milioni di televisori sintonizzati nei giorni dell’evento, 50.000 spettatori al giorno sul posto, una ricaduta economica sul Paese di almeno 150 milioni di euro, con un valore costo/contatto molto superiore alle Olimpiadi, ai Mondiali e agli Europei di calcio. Certo, si dovrà convincere il Governo a dare le garanzie finanziarie necessarie, perché con RCE non si scherza: oltre a una royalty di un milione e mezzo di euro per dodici anni, bisogna garantire la copertura di un notevole incremento delle gare professionistiche in Italia.

L’Open dovrebbe salire a un montepremi di tre milioni di euro dall’anno successivo all’assegnazione fino a tre anni dopo la disputa del match; e si devono garantire adeguati montepremi alle tappe del Challenge Tour e ad un Senior Open, che oggi non abbiamo. Così come, ovviamente, la Federazione non dispone di così ingenti risorse finanziarie autonome, né può pensare di tassare i propri tesserati, come ha fatto la Francia (che ha più di quattrocentomila golfisti). In realtà, secondo stime realistiche, quello che sarebbe il costo della manifestazione per il Governo sarebbe abbondantemente coperto dalle ricadute sul cosiddetto sistema Paese, per aumento delle attività generato dall’evento. Credo che le Olimpiadi di Torino, superato il disastro dei cantieri non pagati, abbiano lasciato alla città molto più di quanto siano costate. Senza il supporto statale la Ryder non si può fare; ma con una testimonial come Lavinia Biagiotti – giovane e brillante manager, golfista appassionata – le prospettive diventano decisamente più concrete. Partecipare in modo serio è già un successo di per sé; vincere la candidatura è una follia a cui dobbiamo prepararci.

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