ST LOUIS, MO - AUGUST 09: Francesco Molinari of Italy waits to play his tee shot on the 17th hole during the first round of the 100th PGA Championship at the Bellerive Country Club on August 9, 2018 in St Louis, Missouri. (Photo by David Cannon/Getty Images)

Di Roberto Lanza

La Repubblica Dominicana, con i suoi 28 percorsi, si inserisce tra le più importanti e apprezzate mete golfistiche del mondo grazie al suo clima ideale tutto l’an-no che consente di godersi alcuni tra i più bei campi dei Caraibi e dell’America Latina.

A operare su di una natura incontaminata e lussureggiante, con viste mozzafiato sulle coste del mare caraibico, su fiumi e lagune colonizzate da flora e fauna tropicale, sono arrivati negli anni alcuni degli archistar più noti del settore come: Pete Dye e il figlio Paul Burke, Jack Nicklaus, Robert Trent Jones Sr., Gary Player, Tom Fazio, Nick Faldo, Nick Price e Greg Norman. L’edizione 2016 del DR Golf Travel Exchange, che prevedeva una competizione su tre giorni, ci ha portato a giocare sui percorsi dell’Iberostate, al The Lakes e al Dye Fore. Il tour è iniziato e terminato sulla costa orientale, più precisamente in località Bavaro, che con la vicina Punta Cana e la zona del Cap Cana Resort è la regione più nota della Repubblica Dominicana e destinazione obbligata per chi sia alla ricerca di campi da golf di alto livello, con circa due dozzine di percorsi progettati all’interno di sontuosi resort sparsi lungo alcune delle più belle spiagge del “Caribe”.Il Golf Club Iberostate Bávaro si trova ad Arena Gorda ed è stato di-segnato da Paul Burke Dye lavorando principalmente con sabbia bianca e rocce per creare bunker di sabbia chiarissima in contra-sto con il verde intenso di fairway e green. Ci sono laghi, ruscelli e alcuni tratti “desertici” in un’affascinante combinazione di colori.

Aperto nel 2009, l’Iberostate misura dai tee da campionato 6.307 metri ed è aperto da un bel par 4 di 335 metri con il green posto di fianco a un lago. Tra le buche più caratteristiche, sicuramente da ricordare i par 3 delle buche 8 e 16. Il primo con il green a forma di stella come il simbolo del gruppo, che si staglia da un enorme waste area di sabbia. Nel secondo si è obbligati con il tee shot a superare il lago che difende il green, cercando di evitare l’interferenza con un due grosse mangrovie sulla sinistra. Lungo (535 metri) e difficile è il par 5 della buca 14, con un grande ostacolo d’acqua che lo costeggia tutto prima alla destra e poi sulla sinistra, tagliando il fairway a metà a circa 170 metri dal green, che è leggermente rialzato e si insinua come una piccola penisola sul lago. Particolare la buca 3, dove alla destra del green si trova una leggera depressione, con due bunker posti davanti a una piccola grotta ricoperta da una fitta vegetazione. Il campo fa par-te dell’elegante Hotel Iberostar caratterizzato all’interno dei suoi giardini dalla presenza di un enorme veliero.Per la seconda tappa ci siamo trasferiti nella costa sud-est. Un tempo regione di produzione della canna da zucchero. La Roma-na, molto nota e frequentata dagli italiani, affascina per i palmeti che ricoprono l’intero parco nazionale, le acque azzurre del Mar dei Caraibi e la valle del Rio Chavón più volte location di film famosi, da “Apocalypse Now” a “Rambo 3”. Proprio qui ha trovato il suo terreno ideale l’architetto Pete Dye, che con il mitico Teeth of the Dog e il Dye Fore ha firmato due capolavori del golf mondiale. Costruito nel 2005, il Dye Fore, con i suoi 7.040 metri (dai tee di campionato), è uno dei campi più lunghi e impegnativi della Repubblica Dominicana. Buche scenografiche e difficoltà tecniche si mixano in un crescendo di emozioni e, ad “aiutare” la dispersione delle palline sugli strapiombi del fiume e nelle pendici che digradano verso la costa, spesso fa la sua comparsa una “brezza” che tocca anche i 60 km all’ora. Nelle prime nove buche, che ci regalano uno splendido panorama sulla Marina di Casa de Campo, brillano i par 4 delle buche 4 e 5 (rispettivamente di 475 e 453 metri), due dog-leg con green vista oceano dove è vietato sbagliare a sinistra. Sette buche delle seconde nove sono invece a picco (a circa 80/100 metri d’altezza) sul Rio Chavón, con di-versi punti di vista su l’Altos del Chavón, la replica di un villaggio in stile mediterraneo progettato negli anni Settanta dall’italiano Roberto Coppa. Si inizia e si finisce con due par 5 di 550 metri e, in mezzo, si fa veramente fatica a scegliere quale possa essere la “signature hole”: sicuramente come difficoltà spiccano la buca 14, par 4 con colpo cieco al green e fairway costellato da bunker, e la buca 15, par 3 di 200 metri il cui green è raggiungibile solo superando un profondo canyon.

L’ultima giornata di gara si è svolta al The Lakes Bávaro Golf Club. Il percorso, aperto nel 1991, fu il primo della regione di Punta Cana. Inizialmente il progetto di Juan Manuel Gordillo prevedeva nove buche; ma fu poi sviluppato nella sua attuale conformazione da P.B. Dye nel 2010. Il campo (par 72 di 6.085 metri dai black tee) si sviluppa nella stupenda area naturalistica di Bavaro (dove si possono ammirare fenicotteri, ibis, tartarughe e pesci megalopidae) con alcune buche circondate da una fitta foresta di mangrovie da sembrare quasi un parkland europeo (come la buca 3, par 4 handicap 1 e la successiva buca 5, par 5 di 489 metri) e altre invece completamente aperte. Caratteristica del percorso è, come si intuisce dal nome, la presenza di ben 25 laghi (e 122 bunker), che entrano in gioco in 17 delle 18 buche. Significative in tal senso le spettacolari buca 9 (par 3 di 146 metri con green a isola) e 18, par 4 di 329 metri, che ci obbliga con il tee shot a sorvolare un grande lago per atterrare in uno stretto fairway, da dove cercare un green costeggiato a sinistra dall’osta-colo d’acqua e da un ampio bunker. Il The Lakes, ottimo esem-pio di campo turistico, divertente ma delicato per la costante presenza di acqua, è inserito all’interno del gigantesco resort Barceló Bavaro Palace Deluxe.

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